THE REVENANT – IL REDIVIVO

EDO    REVENANT

C’è una notte degli oscar, cioè un gran galà in cui solo uno tra i più grandi attori del globo terracqueo riesce a conquistare il riconoscimento più prestigioso del cinema, appunto l’oscar. E poi c’è un campionato, della categoria più bassa di uno sport, per di più secondario, come il calcio a 5.

Cos’hanno in comune le due competizioni? Quest’anno, in entrambe, è sceso in campo lo stesso protagonista! Ma cominciamo dall’inizio…

Correva l’anno del signore 1992 e in una periferia povera e degradata nei sobborghi di Villa Strada nasceva un piccolo pargolo, che di lì a pochi anni sarebbe divenuto IL PREDESTINATO. Ma lui ancora non lo sapeva…

Il suo talento cristallino nasce ed esplode sul cemento dell’oratorio di fronte casa, dove un manipolo di piccoli assi del calcio gli insegna la legge della strada, insieme ad uno spiccato senso della giocata e della tecnica calcistica. E le compagnie che frequenta di giorno, con il sole o con la pioggia, con la neve o con il vento – l’importante è che si giochi – le ritrova anche la sera, al bar sempre di fronte casa, dove impara il rispetto e l’ignoranza del vero fuoriclasse.

Esordisce come punta di diamante in una squadra di calcio a 5 iscritta ad un triangolare parrocchiale di metà agosto, dove sotto i circa 47 gradi centigradi e di fronte ad un pubblico non pagante di 6 persone, mette in mostra tutte le sue strabilianti qualità, lasciando tutti i (pochi) presenti a bocca aperta. Peccato che la gloria dura poco: proprio come il suo grande idolo “Julian Ross – il campione di vetro”, accusa un malore ed è costretto ad abbandonare il campo, facendosi sostituire dal prete 97enne.

Quell’apparizione, però, è soltanto il preludio ad una carriera che inevitabilmente è già destino: viene ingaggiato, a furor di popolo, dalla locale squadra di calcio a 5 per disputare il famigerato torneo invernale, di stampo sempre clericale, al quale solo un atleta di Dio come lui può ambire. Già dai primi allenamenti i compagni di squadra non riescono a contenere l’entusiasmo per la consapevolezza di avere in organico l’asso che finalmente li condurrà verso il glorioso traguardo della promozione, nella penultima categoria dello scadente torneo non riconosciuto neanche dalla federazione.

Tutto promette bene, ma la prima presenza ufficiale è connotata dalla sfortuna: le energie abbandonano il piccolo campione, che dopo circa 32 secondi di gioco stramazza al suolo dalla stanchezza, costringendo il mister a ricorrere al cambio.

Nelle successive gare di campionato il nostro piccolo ma grande uomo non riesce ad esprimere in pieno le scioccanti capacità che in allenamento stupiscono tutti, ma alla fine della stagione riesce comunque a collezionare 2 gol e mezzo in 7 minuti e 13 secondi totali di gioco. Un bottino niente male se si considerano le 21 assenze su 24 partite del calendario per malattia / infortunio / mancanza della voglia di vivere.

Nel ricco e prosperoso vicino centro urbano ed industriale di Villa Strada, però, c’è un astuto dirigente (che, per la privacy, chiameremo con il nome di fantasia “Taralli”), talent scout di una leggendaria squadra di calcio a 5 di livello mondiale. Egli, grazie al suo infallibile fiuto nello scovare i prodigi dello sport, nota per caso il baby talento impegnato in un calcio tedesco (gioco con la palla molto popolare all’epoca): si convince subito che quella è l’occasione da non perdere e riesce a strappare il suo cartellino alla squadra di appartenenza (che in realtà, si narra, avrebbe pagato ella stessa per far sì che se ne andasse).

L’incredulità deve aver lasciato spazio all’emozione nel cuore già indebolito del nostro protagonista quando, comunicatogli di aver raggiunto finalmente un ingaggio da professionista, lancia in aria le carte da briscola e tresette (accoppiata di discipline rientranti nella categoria del gioco d’azzardo molto in voga tra i suoi compaesani) e corre subito dalla famiglia per comunicare la lieta notizia.

All’età di soli 17 anni si ritrova, così, già nel calcio che conta, in una squadra che però di talenti come lui ne ha già tanti e dove quindi dovrà sgobbare parecchio per farsi notare dall’esigente mister di Apiro. Queste sfide però non lo spaventano ed infatti in allenamento travolge tutto e tutti con la sua impressionante corsa, abbinata e tecnica e potenza, che fanno del suo tiro una bomba davvero imprendibile. Nel giro di poco tempo, durante la preparazione estiva, conquista compagni di squadra, allenatore e perfino il custode, esibendo tutta la sua classe fatta di sostanza e qualità.

Quando arriva il momento della fatidica ed attesissima prima convocazione, però, si fa trovare impreparato da una febbre improvvisa, inspiegabilmente concomitante con le cattive condizioni meteo della giornata. Sfortunata ed insolita coincidenza, che comunque non gli impedirà di esibirsi nelle prossime occasioni. Occasioni che però tardano ad arrivare, perchè le tante assenze (per lo più dovute alla frequente concomitanza della partita di campionato con quelle della sua squadra del cuore, il Milan)  offuscano le poche presenze in campo, le quali tra l’altro durano in media non più di 3 minuti netti, viste le difficoltà di resistenza che inverosimilmente solo in partita si palesano.

Così, stagione dopo stagione, le possibilità di spiccare il volo e consacrarsi come leggenda dello sport pian piano svaniscono, facendo precipitare l’inesplosa miccia nel baratro. La depressione comincia a farsi largo nella testa del giovane, che ha lasciato andare il genio calcistico per coltivare talenti di ben altra natura, ovvero quelli degli sport da bar, in cui si specializza soprattutto nella scala 40 e nel ping pong, continuando però a rammaricarsi per l’improduttività dei suoi (pochi) sforzi sul campo.

Ma quando tutto ormai sembra perduto, quando i compagni di squadra neanche più ricordano il nome di quel ragazzo venuto dalla periferia e che nella periferia volevano rimandarcelo, quando ormai anche il nuovo mister (quello precedente era finito sull’orlo del fallimento finanziario per la perdita dei soldi investiti in scommesse su di lui) sembra volerlo linciare, ecco che accade l’incredibile: la storia cambia il suo corso degli eventi.

Con fatica e sudore, impiegando tutto se stesso al raggiungimento del risultato, il sosia di Piquè decide di rimettersi in gioco e prendersi la sua rivincita su quanti lo avevano dato ormai per spacciato. Riconquista poco alla volta la fiducia dell’ambiente ed ottiene di nuovo la suo occasione, forse l’ultima, per riscattarsi. Scende in campo con determinazione e tenacia, sicuro dei propri mezzi, a testa alta e cuore curato: marcia diritto verso la gloria. E gli sforzi, uniti alle deliziose qualità tecniche che mai aveva smarrito, lo conducono finalmente ai primi sperati risultati: ottime prestazioni, lavoro di squadra e spirito di sacrificio, conditi da alcuni assist e gol di pregevole fattura. Ma la squadra, che forse non riusciva a credere ed accettare un simile colpo di scena, viene risucchiata in una spirale di depressione che la porta a prestazioni e risultati altalenanti. È qui che il nostro ormai rinato campione compie il miracolo forse più grande: decide di caricarsi la sorte della società sulle spalle, di trascinare i suoi compagni fuori dal tunnel, di prendere per mano la speranza e tramutarla in fantastica realtà. Mette a segno, partita dopo partita, dribling d’alta scuola, interventi al limite della balistica, recuperi prodigiosi e, soprattutto, degli improbabili gol dalla bellezza sopraffine, che fanno sgranare gli occhi degli increduli spettatori. I giocatori gioiscono, il pubblico va in visibilio, il mister cade in estasi e la società coccola e tiene ben stretto il suo vecchio ma nuovo fuoriclasse.

Uno stato di grazia difficile da credere fino a qualche mese fa, che però ora sembra spalancare le porte verso qualsiasi traguardo che si possa sognare: con un giocatore così, non si devono porre limiti all’immaginazione.

La stagione non è ancora conclusa, ma l’oscar del campionato è già assegnabile senza ombra di dubbio e senza la minima concorrenza al “THE REVENANT”, COLUI CHE DALLA PROFONDITÀ DEGLI INFERI È SALITO ALLA GLORIA CELESTE, COLUI CHE HA TROVATO LA FORZA DI TORNARE, DI RINASCERE, DI RESUSCITARE: IL REDIVIVO.

Alla domanda su cosa ne pensassero del fenomenale EDOARDO GIORGI, hanno risposto su di lui:

IL MISTER: “dopo la scorsa partita (quella contro l’OSTICO Dorica, ndr) con la fascia da capitano al braccio, il numero 7 sulle spalle e i due gol realizzati, non ha niente da invidiare a CR7”

L’EX-CAPITANO: “È stato un onore cedergli la fascia, un’emozione unica”

L’EX-EX-CAPITANO: “È il re del calcio a 5”

IL COMPAGNO DI SQUADRA PANCARO: “Solo di poco inferiore a me, ma è comunque un bravo incontrista”

ANDREA GIANFELICI: “Non avevo mai visto un calciatore della Polisportiva Victoria mangiare così poche braciole”

IL PADRE: “Edoardo chi??”

LUI STESSO: “SE QUESTO È UN SOGNO, NON SVEGLIATEMI…!”

                         

 

REVENANT

EDO

Ad maiora sempre, RICCARDO DI LUZIO